GIUSEPPE TOMASI DI
LAMPEDUSA (Palermo 1896 - Roma 1957)
Di
famiglia nobile, compose saggi e racconti che non diede però alle stampe.
Enorme successo in Italia e
all'estero ebbe un suo romanzo, Il gattopardo, pubblicato postumo (1958), che, ambientato in Sicilia all'epoca dello sbarco dei Mille e del trapasso di
regime, si caratterizza per l'equilibrio tra l'invenzione e l'evocazione, tra
il reale e il favoloso.
Duca di Palma e
Montechiaro, principe di Lampedusa, partecipò alla guerra del 1915-18 come
ufficiale e rimase nell'esercito fino al 1925; si ritirò quindi a vita
privata (anche perché avverso al fascismo), viaggiando e dimorando per lunghi
periodi all'estero. Buon conoscitore di varie lingue e letterature moderne,
oltre alle classiche, lasciò inedito, tra le altre opere, anche il Il
gattopardo, concepito nel corso di un lungo periodo di tempo e scritto poco
prima di morire, che, per il vasto successo riscosso costituì un singolare caso
letterario (nel 1963 Luchino
Visconti ne trasse il celebre film omonimo). La narrazione
s'impernia sulla figura del principe Fabrizio Salina, un aristocratico
illuminato, in cui Tomasi ha in parte evocato la figura del bisavolo paterno,
ma soprattutto ha ritratto sé stesso, nella sua più segreta intimità. Di qui il
denso contrappunto critico, psicologico e morale che sigla l'unità lirica del
racconto, scandito in episodi staccati, in bilico tra la narrazione
propriamente detta e il saggio. Nel 1961 è stato pubblicato un volume
di Racconti, composto di tre racconti veri e propri (Il
mattino di un mezzadro; La gioia e la legge; Lighea)
e di un lungo scritto autobiografico, I luoghi della mia prima infanzia.
Postume sono anche apparse le raccolte di saggi Lezioni su Stendhal (1977), Invito
alle lettere francesi del Cinquecento (1979) e Letteratura
inglese: dalle origini al Settecento (1990).
Il
Gattopardo
Il racconto inizia con la recita del rosario in una
delle sontuose sale del palazzo Salina, dove il principe Fabrizio, il
gattopardo, abita con la moglie Stella e i loro sette figli: è un signore
distinto e affascinante, raffinato cultore di studi astronomici ma anche di
pensieri più terreni e a carattere sensuale, nonché attento osservatore della
progressiva e inesorabile decadenza del proprio ceto; infatti, con
lo sbarco in Sicilia di Garibaldi e del suo esercito, va
prendendo rapidamente piede un nuovo ceto, quello borghese, che il principe,
dall'alto del proprio rango, guarda con malcelato disprezzo, in quanto prodotto
deteriore dei nuovi tempi. L'intraprendente e amatissimo nipote Tancredi
Falconeri non esita a cavalcare la nuova epoca in cerca del potere
economico, combattendo tra le file dei garibaldini (e poi in quelle
dell'esercito regolare del Re di Sardegna), cercando insieme di rassicurare il
titubante zio sul fatto che il corso degli eventi si volgerà alla fine a
vantaggio della loro classe; è poi legato da un sentimento, in realtà più
intravisto che espresso compiutamente, per la bella e raffinata cugina
Concetta, profondamente innamorata di lui.
Il principe trascorre con tutta la famiglia le vacanze
nella residenza estiva di Donnafugata; il nuovo sindaco del paese è don
Calogero Sedara, un parvenu, ma molto intelligente e
ambizioso, che cerca subito di entrare nelle simpatie degli aristocratici Salina,
mercé il fascino della figlia Angelica, cui il passionale Tancredi non tarderà
a soccombere; quella Angelica che, pur non potendo uguagliare la grazia altera
di Concetta, ha dalla propria parte la non comune bellezza, per non parlare
dell'ingente fortuna economica (sia pur in gran parte derivante dai
possedimenti perduti dai Salina e dai Falconeri), sì che Tancredi finirà per
sposare lei.
Arriva il momento di votare l'annessione della Sicilia
al Regno di Sardegna: a quanti, dubbiosi sul da farsi, gli chiedono un
parere sul voto, il principe, suo malgrado, risponde in maniera affermativa; e,
alla fine, il plebiscito per il sì, pur non esente da trucchi, sarà unanime. In
seguito, giunge a palazzo Salina un funzionario piemontese, il cavaliere
Chevalley di Monterzuolo, incaricato di offrire al principe la carica di
senatore del Regno, che egli rifiuta garbatamente dichiarandosi un esponente
del vecchio regime, ad esso legato da vincoli di decenza. Il principe condurrà
da ora in poi vita appartata fino al giorno in cui verrà serenamente a mancare,
circondato dalle cure dei familiari, in una stanza d'albergo a Palermo dopo il
viaggio di ritorno da Napoli, dove si era recato per cure mediche.
L'ultimo capitolo del romanzo, ambientato nel 1910, racconta la vita di
Carolina, Concetta e Caterina, le figlie superstiti di don Fabrizio.