martedì 29 settembre 2020

ITALIANO 3^ - Prova di Ingresso sulla comprensione del testo scritto e sulla conoscenza delle strutture della lingua e Correttore

 

LA VOLPE E IL RICCIO

 

Mimì la volpe dal pelo rosso si è appostata dietro un cespuglio di more. Ha sentito un lieve tramestìo sottoterra, poi anche quel rumore è cessato. La sua preda deve avere intuito il pericolo, qualcosa deve averla insospettita. Mimì la volpe si mimetizza, si finge morta e aspetta. Nemmeno respira. Sa che la sua preda appena si sentirà sicura verrà fuori dal nascondiglio e bisogna lasciarle tutto il tempo che le occorre per muoversi. Il tempo passa. Dopo una lunga paziente attesa appare all’imboccatura della tana un riccio. Deve attraversare uno spazio brevissimo per infilarsi in un altro cunicolo buio più avanti ma si guarda intorno circospetto, esamina il terreno, si ritrae di nuovo nella tana, riemerge esitando. Che animale prudente, che animale compunto, pensa la volpe. Razza nostrana di roditori da sottobosco che non amano camminare allo scoperto. Preferisce i suoi tortuosi labirinti sotterranei, anche a costo di scavarseli con le unghie e coi denti. Avrà le sue buone ragioni per evitare di mostrarsi alla luce del sole, comunque non lo invidio. Intanto il riccio si è deciso, eccolo finalmente all’aperto. Sembra appena uscito dal letargo, è goffo, lento, impacciato.

Mimì la volpe fa un bel balzo e zac! Ma il riccio in un attimo si è trasformato in una palla spinosa. La volpe lancia un urlo di sorpresa e di dolore e con la bocca sanguinante si allontana.

Che strano animale! - pensa la volpe senza darsi per vinta. Deve avere una carne prelibata se la natura gliela protegge così bene. Sarà molto meglio della carne di una talpa o di quella di un uccello. Come mi piacerebbe assaggiarla per sapere che sapore ha!

E fiduciosa delle proprie risorse Mimì la volpe dal pelo rosso escogita e mette in atto mille artifici, trucchi, espedienti, uno più ingegnoso e sottile dell’altro, per catturare il riccio e divorarlo.

Eppure ogni volta il riccio si appallottola e così appallottolato risulta imprendibile.

Dopotutto un riccio non vale tanto spreco di trovate e neppure tanta ostinazione, dice a se stessa la volpe per consolarsi. E stanca degli innumerevoli, inutili stratagemmi che si concludono sempre allo stesso modo, decide di lasciarlo perdere, quell’ottuso animale.

 

(tratto da: Raffaele La Capria, Fiori giapponesi, Milano, Mondadori, 1989, pp. 91-92)

 

A1. La volpe, mentre aspetta paziente, che cosa pensa del riccio?

A. Si comporta in modo maldestro.

B. È un animale molto stupido.

C. Si comporta in modo provocatorio.

D. È un animale molto cauto.

 

A2. Nelle prime 5 righe del testo, quali sono le azioni che fanno meglio capire la furbizia della volpe? Individuane almeno due e trascrivile di seguito.

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A3. Nell’espressione “bisogna lasciarle tutto il tempo” (riga 5) a quale parola del testo si riferisce il pronome le? Trascrivila di seguito.

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A4. Perché il riccio quando esce dalla tana si guarda intorno circospetto (riga 8)?

A. Ha paura della luce del giorno.

B. Tende un tranello alla volpe.

C. Teme i pericoli all’esterno.

D. È appena uscito dal letargo.

 

A5. Che riflessioni fa la volpe dopo il primo tentativo di catturare il riccio?

A. È decisamente meglio cambiare tattica.

B. Il comportamento del riccio era molto prevedibile.

C. Ci sono forti dubbi sulla riuscita dell’impresa.

D. È meglio lasciar perdere vista la reazione del riccio.

 

A6. Se dovessi inserire una parola per collegare le due frasi seguenti : “Ma il riccio in un attimo si è trasformato in una palla spinosa “ e “La volpe lancia un urlo di sorpresa..” (righe 15-16), quale metteresti?

A. Infatti.

B. Ed ecco che.

C. Per di più.

D. Invece.

 

A7. Nella frase: “Deve avere una carne prelibata...” (riga 18) da quale espressione può essere sostituito il verbo deve?

A. È necessario che abbia.

B. È obbligatorio che abbia.

C. È eventualmente possibile che abbia.

D. È molto probabile che abbia.

 

A8. Quale tra i seguenti aggettivi può sostituire sottile (riga 22) nel significato che ha nel testo detto di artifici, trucchi ed espedienti?

A. Originale.

B. Efficace

C. Astuto.

D. Intraprendente.

 

A9. Nella frase “Eppure ogni volta il riccio si appallottola…” (riga 24) quale termine corrisponde al significato di eppure e può sostituirlo?

A. Dunque.

B. Ma.

C. Ebbene.

D. Poi.

 

A10. Come si può rendere con altre parole l’espressione “così appallottolato” (riga 24)?

A. Dato che si è appallottolato come si era detto.

B. Nonostante si sia appallottolato in modo particolare.

C. Nel caso in cui si sia appallottolato come si era detto.

D. Tanto più che si è appallottolato in modo particolare.

 

A11. Quali parole del racconto fanno capire come la volpe si giustifica per non riuscire a catturare il riccio? Ricercale nel testo e trascrivile di seguito.

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A12. Come sostituiresti il termine “dopotutto” all’inizio della riga 25?

A. Dopo tutto questo tempo.

B. Dopo tutti questi sforzi.

C. Tutto considerato.

D. Malgrado tutto

 

A13. Come cambia il giudizio della volpe sul riccio nel corso della vicenda? Individua e trascrivi, nell’ordine, almeno due aggettivi che indicano tale cambiamento.

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A14. Tenendo conto di tutta la storia, come si può definire la volpe?

A. Coraggiosa e poco cosciente dei pericoli.

B. Aggressiva e ostinata.

C. Ingegnosa e poco sincera con se stessa.

D. Audace e intraprendente.

 

A15. Quale delle seguenti affermazioni meglio sintetizza il contenuto del testo?

A. Tutto è bene quello che finisce bene.

B. A furia di insistere si ottiene quel che si vuole.

C. Per avere la pancia piena bisogna ingegnarsi.

D. La sola prudenza vale più di mille astuzie.

 

 

Riflessione sulla lingua (conoscenze grammaticali)

B1. Completa la seguente frase coniugando la forma mancante del verbo tra parentesi.

Avrei proprio voluto che tu………………………(venire) alla mia festa. C’erano tanti amici, ci siamo proprio divertiti!

 

B2. In quale tra le seguenti frasi è presente un verbo riflessivo?

A. Mia madre mi ha lasciato libero.

B. Mio fratello Luciano si è iscritto all’università.

C. Si sono discussi molti argomenti.

D. Durante la riunione Carla mi ha detto che arriverà oggi.

 

B3. Per ciascuna delle seguenti frasi trascrivi gli avverbi di tempo nello spazio corrispondente.

 

1. Non hai mai voluto dirmi perché sei andato altrove.

 

2. Subito si mise a gridare forte.

 

1.        _____________________ 2. _____________________

 

B4. Unisci le frasi inserendo il pronome relativo nella forma corretta.

Ho incontrato un comune amico …………………………….…. ho avuto tue notizie.

Non conosco la persona …………………………………………….…. mi hai parlato.

 

B5 . Individua gli elementi che nelle frasi seguenti hanno la funzione di soggetto e trascrivili nello spazio sottostante ad ogni frase.

1. La regina Elisabetta I d’Inghilterra era figlia di Enrico VIII

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2. Secondo numerosi studi, nuotare fa bene alla salute

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B6. Quale di queste frasi contiene un complemento di fine?

 

A. Il mio cane è da guardia.

 

B. Mi piace disegnare a matita.

 

C. Quel film mi ha fatto morire di paura.

 

D. Al gioco non ho fortuna.

 

B7. Quale di queste frasi contiene un complemento di modo?

 

A. Sta per piovere, esco con l’ombrello.

 

B. Con i colleghi mi trovo bene.

 

C. Vado a scuola in autobus.

 

D. Passeggiare con il cane, con calma, mi rilassa.

 

 CORRETTORE






giovedì 24 settembre 2020

ITALIANO 3^ - Letteratura. Ugo Foscolo: vita e opere

 

UGO FOSCOLO

La vita e le sue opere

 

Nicolò Ugo Foscolo nacque a Zante, una delle isole jonie dipendenti dalla repubblica veneta, il 6 febbraio 1778. Il padre fu Andrea, medico in quella città: la madre, la bella e dolce Diamantina Spathis, già vedova di Giovanni Aquila Serra genovese. Ugo era il maggiore di parecchi fratelli: Rubina, Gian Dionisio, Costantino, Angelo, Giulio: che egli amò tutti paternamente, come teneramente adorò la madre.

Morto Nicolò, il nonno di Ugo, medico anch'esso e direttore dell'ospedale di Spalato, Andrea gli succedette in quell'ufficio. E della fanciullezza di Ugo, questi di Spalato furono gli anni più felici. Ma nel 1781 Andrea morì. La vedova Foscolo dovette spogliarsi d'ogni suo bene dotale, per soddisfare i creditori del marito. Quindi si recò a Venezia, dove il marito aveva lasciato in sospeso alcuni affari. Ugo e gli altri fratelli ve la raggiunsero verso il 1792. Si stabilirono in una povera casa del sestiere di Castello.

A Spalato aveva frequentato le scuole del Seminario. A Venezia fu posto alle scuole di S. Cipriano, di cui era provveditore Gaspare Gozzi. È probabile che fosse introdotto assai presto nel salotto della bellissima Isabella Teotochi Albrizzi, che forse il giovinetto amò. Colà conobbe i letterati più insigni che a quel tempo convenivano in Venezia: tra gli altri Ippolito Pindemonte e Melchiorre Cesarotti, che udì, per quanto saltuariamente, anche dalla sua cattedra di Padova. Ugo - che credeva più nel genio che nelle regole - dovette aver cari gli arditi concetti critici e linguistici del Cesarotti: benchè egli simpatizzasse con l'accademia dei Granelleschi, conservatrice della tradizione letteraria, e si dichiarasse obbligato al Dalmistro, uno dei più autorevoli fra quegli accademici. Ma del Cesarotti il malinconico e fantastico giovinetto lesse avidamente l'Ossian. Non però meno lo sedusse l'Alfieri. E una tragedia alla maniera alfieriana, il Tieste, rappresentò il 4 gennaio 1797 al teatro S. Angelo. Piacque tanto, che fu ripetuta per nove sere consecutive. E il giovanissimo autore - che fin allora si era provato in liriche passionali e filosofiche di assai scarso valore - divenne celebre.

Ma Ugo credette di ritrovare se stesso, quando gli eserciti del Buonaparte proclamarono la libertà d'Italia e minacciarono di invadere l'antica repubblica. Democratico convinto, il Foscolo, sin dall'anno precedente, aveva scritto un fiero sonetto contro la neutralità di Venezia: e quindi (a scampare da possibili persecuzioni) si era rifugiato a Bologna nella Cispadana, arruolandosi volontario dei cacciatori a cavallo. A Bologna, nel '97, scrisse la sua sonante ode Bonaparte liberatore, offrendola ai cittadini di Reggio, che, primi in Italia, avevano accolto la rivoluzione. Quando, abolito il governo della Serenissima, si fondò in Venezia una municipalità provvisoria, il Foscolo credette suo dovere di ritornare subitamente nella sua patria di elezione. E nei pochi mesi di vita che ebbe la costituzione repubblicana, egli militò costantemente nel partito più avanzato e più puritano e più ingenuo. Fu dei quattro secretari della municipalità, con incarico di redigere i verbali: Il trattato di Campoformio, onde Venezia era ceduta all'Austria, fu per il Foscolo, anche più che una delusione, una lezione: di quelle che insegnano molte cose e capitali. Di lì nacque in lui quella diffidenza, se non pur quell'odio, verso il Buonaparte e la democrazia francese, che non lo abbandonò mai più; di lì sgorgò, o trovò conferma, il suo desolato credo pessimistico: che il mondo è dei forti e degli astuti. Di lì sorse il concetto che l'Italia non deve attendere la sua risurrezione che da sè e dalle sue energie: e si iniziò il culto appassionato per le tradizioni della patria, violate tutte nel dispregio che il Bonaparte mostrava per la più antica delle nostre repubbliche.

Ceduta Venezia all'Austria, pare che il Foscolo fosse di quelli che proponevano di dare il fuoco alla città, prima che lasciarla invadere dallo straniero. Certo uno spirito libero come il suo non poteva rimanere sotto il nuovo governo. Che se il governo francese aveva così oltraggiata la sua Venezia, la Francia significava pur sempre la libertà, e l'avvenire. Ugo venne a Milano, ove chiese ed ottenne la cittadinanza nella repubblica Cisalpina. Divenne redattore del Monitore italiano, col Custodi e col Gioia: specialmente doveva compilare le relazioni delle sedute del corpo legislativo e quelle del Consiglio dei Seniori, e soggiungervi le sue osservazioni: ufficio da censore più che da pubblicista. Rivide a Milano il Monti, già conosciuto da lui a Bologna, e poi presentato a Venezia alla Società per l'istruzione pubblica. È probabile s'invaghisse della moglie del Monti, la bella Teresa Pickler. Comunque sia di ciò, al Monti si legò di viva amicizia. Il giovine scrittore conobbe Parini alla vigilia della morte; e ne fece l'apoteosi nell'Ortis e nei Sepolcri e nelle lezioni di eloquenza a Pavia.

Nell'aprile del 1798 il Monitore, troppo libero e troppo italiano, fu soppresso.

Necessità di vivere portò allora il Foscolo a Bologna, ove ebbe un modesto impiego cancelleresco alla sezione criminale del Dipartimento del Reno. E a Bologna, dal Marsigli, fece stampare - senza però pubblicarla - la prima parte delle Lettere di Jacopo Ortis: molto diverse dalla edizione definitiva: ove protagonisti sono una vedova, Teresa, una sua figliuoletta, Giovannina, Odoardo, promesso sposo di Teresa, e Jacopo Ortis. Ma, alla notizia che gli Austro-russi invadevano l'Italia, il Foscolo riprese servizio come luogotenente della guardia nazionale di Bologna, che dava la caccia ai contadini insorti; si trovò alla ripresa di Cento, le cui mura scalò per primo, e fu ferito d'un colpo di baionetta in una coscia.

Intanto il Marsigli - che aveva fretta di terminare e pubblicare il romanzo - con una leggerezza forse unica nella storia degli editori - almeno degli editori di autori viventi — affidò la prosecuzione del romanzo a un Angelo Sassoli bolognese, dottore di leggi e giornalista, che continuò sguajatamente e secondo un piano suo l'Ortis.

Ma il Foscolo non pensava allora più a continuare l'Ortis: pensava a combattere. Al seguito del generale Macdonald fu alla Trebbia. Negli ultimi del giugno 1799, con le milizie Cisalpine e Francesi, fu a Firenze: e vi conobbe il Niccolini. Forse partecipò alla battaglia di Novi, del 15 agosto. Finalmente riparò in Genova, stretta d'assedio dagli Austro-russi padroni di tutta l'Italia settentrionale, e difesa dal generale Massena. In Genova pubblicò l'ardito Discorso sull'Italia al generale Championnet, pieno di idee che noi diremmo socialistiche: ristampò l'ode al Buonaparte, con una lettera, ove rimprovera all'eroe il traffico di Venezia, e l'ammonisce a non cedere alla tentazione di farsi tiranno. Corteggiò la marchesa Luisa Pallavicino, e scrisse un'ode famosa, quand'ella fu gettata da cavallo, in una sua passeggiata verso Sestri. Nel dicembre gli fu imposto di partir per la Francia: giunse a Nizza, e doveva proseguire per Dijon: ma preferì ed ottenne di ritornare a Genova, dove pure l'epidemia e la fame facevano strage. Fu aggregato al generale Fantuzzi. Si segnalò alla ripresa del forte dei Due fratelli: fu ferito al piede nel vano tentativo di riconquistar la Coronata: quando perì il generale Fantuzzi, nel quale il Foscolo vedeva raffigurato tutto il valore italiano; e ne fece poi eloquente ricordo nella orazione per i Comizii di Lione.

Arresosi, il 4 giugno, l'eroico presidio, i vinti, com'era nei patti, furono, su navi inglesi, sbarcati ad Antibo. Ma la vittoria di Marengo aveva riaperto loro l'Italia. Il Foscolo corse a Nizza di Monferrato, dov'era il quartiere generale: di lì a Milano: dove venne aggiunto allo stato maggiore del generale Pino. Fu in questi tempi, per ragioni del suo ufficio, in più luoghi: a Lugo, per sterminarvi i briganti: più volte a Bologna, nel novembre 1800 a Firenze. Qui rivide il Niccolini: e conobbe la giovinetta Isabella Roncioni, destinata sposa ad un marchese Pietro Bartolomei fiorentino, che essa non amava. L'adorò. Sentì allora il bisogno di continuare l'Ortis, di trasformarlo. Indignato dello strazio fatto dell'opera sua, pubblicò nella Gazzetta di Firenze del 3 gennaio 1801 e nel Monitore Bolognese del 4 un rifiuto di riconoscere per sue le tre edizioni da lui vedute dell'Ortis, "apocrife e adulterate dalla viltà e dalla fame. Riprese il romanzo. La Teresa, la vedova Teresa, che forse in origine era stata delineata col pensiero alla Monti o alla Isabella Albrizzi, diventò una giovinetta, che adombrò la Isabella Roncioni. La prima parte del romanzo, così rifatta, comparve con la indicazione Italia, 1801 (rarissima: se ne conserva un esemplare a Weimar, mandato dal Foscolo al Goethe, il cui Werther tanto influì sull'Ortis). Nell'ottobre del 1802 il romanzo fu pubblicato intiero a Milano, dal Genio tipografico: e fu dei più notevoli avvenimenti letterari dei primi anni dell'800.

Due anni prima della pubblicazione del romanzo, il Foscolo era ritornato a Milano. Ma le ostilità, in alto, contro il poeta, che non aveva cantato Marengo, incominciarono. Non gli fu conceduto il brevetto di capitano. Non era pagato dei suoi stipendi, o solo in parte e a fatica. In una lettera nobilmente sdegnosa, egli domandò le sue dimissioni. Il Monti e altri amici si interposero. Gli fu concessa la paga di capitano aggiunto, ed affidatagli la compilazione di una parte del codice militare.

Dopo l'Ortis, nel 1803, il Foscolo raccoglieva, dedicandoli al Niccolini, i suoi versi, rifiutando tutti gli altri divulgati innanzi, e segnatamente l'ode a Bonaparte liberatore (e probabilmente non per la sola inferiorità artistica) e il Tieste; e ne faceva tre edizioni, l'ultima, la più ricca, comprendente 12 sonetti, l'ode alla Pallavicini, e l'altra all'Amica risanata. Nella quale ode, la deificazione che il poeta fa della donna, la contessa Fagnani, ritornata gloriosamente e freddamente bella, non è senza richiamo alle idee sulla poesia, svolte nella Chioma di Berenice (pubblicata nel luglio del 1803), anch'essa dedicata al Niccolini: traduzione del carme di Callimaco, già voltato in latino da Catullo, accompagnata da un commento perpetuo e preceduta e seguita da considerazioni sulla indole e gli uffici della poesia e, forse con allusione agli adulatori napoleonici, sulle apoteosi, che i poeti sogliono fare dei principi e degli eroi. Opera scritta in meno di tre mesi, composta specialmente contro i pedanti e gli accademici, a dimostrare quanta era dottrina nell'autore o quanto gli era facile acquistarla; ma il pensatore rompe continuo di sotto l'erudito, come già negli scritti dell'abate padovano Angelo Conti, che il Foscolo stimò gran demente, e i cui Saggi qui pare tenesse a modello.

Il poeta chiese di prender parte alla spedizione, che il Bonaparte preparava, o mostrava di preparare, contro l'Inghilterra. Non senza difficoltà fu accolta la domanda del poeta.

La divisione italiana si mosse nel novembre del 1803. Ma solo nell'aprile del 1804 il Foscolo, addetto allo stato maggiore del generale Pino, col grado di capitano, ebbe l'ordine di recarsi a Valenciennes. Lì confinato a Valenciennes, al comando delle reclute e degli invalidi, chiese il posto di capo-battaglione, che non gli fu concesso. Ogni speranza di avanzamento era finita. Il Foscolo si confortò come spesso, troppo spesso, nell'amore. Ammesso in una famiglia inglese prigioniera a Valenciènnes, vi conobbe la signorina Sofia o forse Fanny Emeryth: dalla quale apprese gli elementi della lingua inglese, e la lasciò con nel grembo una creatura sua, quella Floriana, che apparirà, poi, inaspettata, a confortare, o forse a turbare di rimorsi, gli ultimi anni del poeta.

Ma l'imperatore sospese l'impresa contro l'Inghilterra, volendo prepararsi alla campagna contro l'Austria, del 1805. Gran parte dell'esercito fu richiamato e il Foscolo fu destinato a Boulogne: ove ingannò l'ozio dell'attesa e sfogò il malumore, traducendo il Viaggio sentimentale dello Sterne, e riassumendo la sua vita, o meglio ritraendo il suo carattere e il suo credo filosofico e morale, nella Notizia di Didimo Chierico.

Nel gennaio 1806, poichè la spedizione contro d'Inghilterra pareva aggiornata a maggio, il Foscolo ottenne un permesso di quattro mesi, per ritornare a Venezia. Passando da Parigi visitò anche il giovane Manzoni da lui conosciuto a Milano. Era a Milano nel marzo, donde partì per Venezia. Vi rivide la madre, la sorella, l'Isabella Albrizzi Teotochi, più che mai letterata e autorevole fra i belli ingegni letterati.

Passati i quattro mesi, ritornò, renitente, a Milano.

La libertà, almeno parziale, di cui venne a godere, la vicinanza del Monti che gli aveva letto l'Iliade. Continuò la propria traduzione dell'Iliade, già incominciata in Francia.

Nel gennaio del 1807 si recò a Brescia, ove restò, nella simpatia per la contessa Maria Martinengo Cesaresco. Qui pubblicò, nei primi d'aprile, i Sepolcri; e negli ultimi l'Esperimento di traduzione dell'Iliade: contenente una lettera dedicatoria al Monti, la versione letterale del primo libro fatta dal Cesarotti, la versione poetica sua, e di fronte quella del Monti: oltre alcune considerazioni del Cesarotti, del Monti e sue sulla difficoltà di tradurre alcuni singoli passi di Omero, come il cenno di Giove.

Specie tra i giovani, i Sepolcri destarono un'eco di universale ammirazione.

Nel 1808 ottenne la cattedra di eloquenza all'università di Pavia. Poichè l'insegnamento di eloquenza non voleva per lui essere precettistica pedantesca, ma una nuova revisione del prodotto letterario, ricondotto alla sua origine psicologica, alla sua ragione di essere politica e sociale. Ciò che si scorge dalla prolusione, detta il 22 gennaio 1809, Dell'origine e dell'uffizio della letteratura, davanti a un pubblico numerosissimo, presente il Monti, che quattro anni innanzi aveva pur parlato eloquentemente da quella cattedra.

Ma, prima ancora che il Foscolo pronunziasse quella prolusione, la cattedra, insieme con altre, fu soppressa: conservato ai professori lo stipendio per quell'anno: liberi di fare o no le loro lezioni. Il Foscolo fece le sue lezioni, che durarono fin al 6 di giugno.

Intanto si legava alla Maddalena Bignami, moglie di un banchiere, prima e a Francesca Giovio,

figlia del conte Gian Battista, un letterato e patrizio all'antica, che voleva un gran bene al Foscolo. Nell'agosto del 1809 il Foscolo però scriveva alla contessina, pregandola di dimenticarlo e di accettare il marito, che il padre le proponeva: un colonnello, il barone Vautrè.

Fu poi ridotto a vivere a Milano in due stanzucce, con un assegno annuo di 1000 lire, che egli mandava in gran parte a Venezia alla sua famiglia. In quella miseria, che troppo spesso lo metteva in contraddizione con i suoi principi d'indipendenza, lo colpirono i suoi nemici. E gli aizzarono contro il Monti.

Fu per qualche mese a Venezia, poi a Belgioioso e poi a Firenze. Si fermò prima alcuni giorni a Bologna, a visitarvi la contessa Cornelia Barbara Martinetti. Il Foscolo si accese anche di lei, e le profferse un amore che ella non accettò, e rimase una tenera amicizia.

A Firenze - la città d'Italia che a lui pareva la più italiana - il poeta abitò, dai primi d'aprile del 1813, a Bellosguardo. La Isabella Albrizzi l'aveva presentato per lettera alla contessa d'Albany - la donna amata dall'Alfieri, e non da lui solo -: e la contessa trattò con ogni cortesia il poeta, che continuava gli spiriti antifrancesi dell'Alfieri, e suoi. Nel salotto dell'Albany il Foscolo rivide la Isabella Roncioni, ora Bartolomei, corteggiata dal prefetto Strozzi: e parecchie donne anch'egli corteggiò, come la Eleonora Nencini. Ma quella che amò non certo più caldamente, ma nell'amicizia della quale trovò poi conforto nei momenti amarissimi, fu la senese Quirina Mocenni, moglie ad un Ferdinando Maggiotti, demente e infermo, da lei piamente vigilato. Il Foscolo, nelle moltissime lettere che, anche nei più tardi anni, le scrisse, la chiamò costantemente la Donna gentile, non senza, credo, allusione al nome che Dante dette alla donna, che apparve a confortarlo dopo la morte di Beatrice. Il Foscolo conobbe la Quirina nell'agosto del 1812: prima trovò in lei l'amante; assai presto 1'amica, che lo sovvenne, sin d'allora, nei suoi bisogni, e sin d'allora gli perdonò, generosa, amori sempre più violenti, sempre meno degni, per altre donne.

Ma l'ambiente fiorentino fu favorevole quanto mai altro alla produzione del poeta. Riprese e rielaborò il Viaggio sentimentale dello Sterne, pubblicandone la versione a Pisa, nel 1813, con la notizia intorno a Didimo Chierico. Lavorò alla Ricciarda, tragedia tra amorosa e nazionale, che fu rappresentata a Bologna il 18 settembre 1813, con un esito che sarebbe stato assai più favorevole, se l'autore, "che fa lo scrittore e non il ciarlatano", non si fosse rifiutato d'apparire al proscenio: modestia che parve superbia. E a Firenze in gran parte verseggiò il Carme alle Grazie.

La rotta di Lipsia (1814) significava la dissoluzione di quel regno d'Italia, che al Foscolo pareva ormai regno italiano.

Gli Austriaci ritornarono che lo vennero a cercare e gli proposero l'idea di fondare e dirigere un periodico, che, naturalmente, avrebbe dovuto diffondere fra le classi colte la simpatia per l'Austria. La tentazione era grande: grande il pericolo di un rifiuto. Ma… La sera del 30 marzo 1815 il Foscolo partiva nascostamente da Milano, per l'esilio, onde non sarebbe ritornato mai più.

Girò ramingo per la Svizzera. Ma vegliava su quel vinto la Donna gentile. Ella si offrì di fargli avere ogni tre mesi una somma, sino a che non potesse provvedere a sè più largamente.

In quei primi tempi dell'amarissimo esilio, l'anima del Foscolo s'inacerbì. Riprese e ampliò il Didimi clerici prophetae minimi Hypercalypseos liber singularis: una satira, o libello, in versetti biblici, sulla maniera dell'Apocalisse: divisa in diciannove capitoli: che sferzano il Lampredi (Jeromomo) e gli amici suoi, il Paradisi, il Lamberti, il Bettoni, l'Anelli, il pittore Bossi, l'amica e la protettrice di tutti costoro, la vecchia letterata Annetta Vadori. Anche il Monti vi è deprezzato come poeta, oltraggiato come marito. Nè mancano giudizii sulla decadenza irrimediabile dell'Italia, e su Parigi (Babilonia maxima) su Roma (Babilonia perpetua) su Milano (Babilonia minima). Il tutto sotto nomi così strani, e così oscuri velami, che l'autore aggiunse all'opuscolo una chiave, a spiegare le allusioni. L'Hypercalipsis fu stampata in pochissimi esemplari destinati agli amici. È l'unico scritto men che nobile pubblicato dal Foscolo.

Anche pubblicò il Foscolo a Zurigo, il 1816, ma con la falsa data di Londra 1814, una nuova edizione dell'Ortis, con la lettera contro il Buonaparte, soppressa in tutte le precedenti edizioni meno che nella prima: e nel 15 l'operetta Vestigio della Storia del Sonetto italiano dall'anno 1200 al 1800, che mandava in dono alla Donna gentile, ultimo saluto a lei, prima di andare in Inghilterra.

Giacchè il Foscolo aveva deciso di tentare più sicura fortuna in Inghilterra, dove lo scrittore antinapoleonico non poteva non essere accolto onoratamente. La stessa Quirina lo incuorò al viaggio. Il Foscolo le offrì di sposarla: giacchè il marito di lei era morto. Ella non accettò.

Il Foscolo si imbarcò per l'Inghilterra. L'11 settembre era a Londra.

Grandi speranze, in principio; specie da poi che Giuseppe Binda, un gentiluomo lucchese che dimorava colà, l'ebbe presentato nella casa di Lord Holland, convegno dei più nobili spiriti. Ma i guai incominciarono assai presto: cioè le strettezze economiche. I debiti si succedevano ai debiti.

I1 24 maggio 1817 moriva sua madre.

Si ritirò a Kensington, avendo a sua disposizione la biblioteca dello Holland. Lavorò non più per editori, ma per periodici.

Pubblico la Ricciarda, sperando in un guadagno che si tradusse in un debito. Continuò nella versione di Omero, e il terzo libro mandò a Gino Capponi, che lo pubblicò nella Antologia di Firenze. Scrisse - e talvolta tirò giù - molti articoli letterari e storici per periodici inglesi.

Ma nel 1822 Ugo ritrovò la sua figliuola naturale, natagli in Fiandra: la madre era passata a nozze: e la piccola affidata ad una sua nonna, che ora, morendo, le lasciava in legato circa 3000 lire sterline, investite in terreni e in tre villette.

Si chiamava Floriana: aveva diciassette anni: era bella: mitissima. Il padre, che forse appena sapeva della sua esistenza, dovette essere anche più esaltato che commosso. Sognò un suo vecchio sogno e che questa volta pareva realtà: una vita serena, un tramonto sereno, da artista e da studioso, in una casa propria. E subito si dette - sulla dote della figliuola - a costruire una villa, cui pose nome Digamma-Cottage.

Ma i debiti erano cresciuti a dismisura ed era disposto a dar lezioni di lingua e letteratura italiana, in casa di chiunque lo volesse chiamare.

Il 24 novembre del 1824 il Foscolo fu, pare, arrestato. Da allora la sua vita fu tutta una lotta per sfuggire ai creditori.

Eppure, in quelle strettezze estreme, il Foscolo condusse avanti il più meraviglioso, per densità di pensiero, per dovizia di dottrina, per originalità di vedute, dei suoi lavori critici: il Discorso sul testo della Divina Commedia (1825).

Pensò un'ultima volta di ritornare al Zante. Ma  Foscolo non poteva oramai lavorare più. E la infiammazione del fegato e degli intestini incrudiva. Oramai non si sentiva in grado che di dar lezioni ai giovanetti: di greco, di latino, di italiano.

Morì la sera del 10 settembre 1827. Un biglietto tracciato per la figlia mostra che, anche presso l'agonia, lo stringeva la preoccupazione economica, ed era lieto (pare) di aver soddisfatto i suoi debiti. I1 18 settembre fu sepolto nel cimitero di Chiswick: cinque soli amici ve l'accompagnarono

 

mercoledì 23 settembre 2020

ITALIANO 3^ - Grammatica: Schemi di analisi logica della proposizione

 

ANALISI LOGICA

 

SOGGETTO

RISPONDE ALLA DOMANDA: Chi, che cosa?

E’ la persona, l’animale o la cosa che fa l’azione, che la subisce o a cui si attribuisce una qualità o una condizione

E’ rappresentato da un sostantivo o da qualsiasi altra parte del discorso usata in funzione di sostantivo

esempi

Il sarto cuce

Il carro è trascinato dai buoi

L’alpino è fiero

PREDICATO

“PREDICA”, CIOE’ DICE, AFFERMA, METTE INEVIDENZA Ciò CHE SI VUOL FAR SAPERE DEL SOGGETTO

Verbale: quando indica una determinata azione compiuta o subita dal soggetto

 

Nominale: quando indica la qualità o la condizione del soggetto (verbi essere, sembrare, apparire, ecc.- copula - seguiti da un aggettivo, un sostantivo o da qualunque parola usata come sostantivo - nome del predicato)

esempi:

Il sarto cuce

Il carro è trascinato dai buoi

 

L’alpino è fiero

L’Italia è una penisola

Il mandorlo è in fiore

Il film sembra bello

 

ATTRIBUTO

E’ UN AGGETTIVO CHE SI UNISCE AD UN SOSTANTIVO PER MEGLIO DETERMINARLO

Concorda in genere (maschile o femminile) e numero (plurale o singolare) col sostantivo cui si riferisce

esempi

Sono salito su un monte alto

Questi fiori profumano

Il mio tempo è prezioso

APPOSIZIONE

E’ UN SOSTANTIVO, SOLO O ACCOMPAGNATO DA ATTRIBUTI, CHE SI UNISCE A UN ALTRO SOSTANTIVO PER QUALIFICARLO MEGLIO

 

esempi

Il filosofo Socrate non scrisse nulla

Catone il censore fu un grandissimo uomo

 

I COMPLEMENTI

COMPLEMENTO

RISPONDE ALLA DOMANDA:

PREPOSIZIONI O PAROLE LEGAME

ESEMPI

SPECIFICAZIONE

di chi? di che cosa?

di

la vita degli uomini è dura

TERMINE

a chi? a che cosa?

a

il ragno tende insidie alla mosca

OGGETTO

chi, che cosa?

Indica, senza tramite di preposizione, la persona, l’animale, la cosa su cui cade l’azione espressa da un verbo transitivo attivo. Può essere preceduto dalla preposizione articolata di con senso partitivo

il contadino ara la terra

temeva di morire

 

 

 

 

 

dammi del pane

MEZZO O STRUMENTO

per mezzo di chi o di che cosa? con che cosa?

con, per, di, a

mediante, per mezzo, per opera di

Uccido con la spada

Mando per mezzo di un amico

Apro mediante una chiave

CAUSA

perché? per quale causa?

per, di, da

a causa di..., per motivo di...

Per la sua superbia era odioso a tutti

Soffrii a causa del male

MODO O MANIERA

come? in che modo?

con, di, a, in, per

Ti aspetto con timore

Ti ascolto in silenzio

COMPAGNIA E UNIONE

con chi? con che cosa?

con

insieme con, assieme a, in compagnia di, in unione a

Passeggia col padre

Viene con una spada

STATO IN LUOGO

dove? in che luogo?

in, a, sopra, dentro, ecc.

Sono a Roma

Mi trovo in casa

MOTO A LUOGO

dove? verso quale luogo?

a, in, per, verso, ecc.

Vengo in città

Vado ai laghi

MOTO DA LUOGO

da dove? da qual luogo?

da, di

Vengo dalla città

MOTO PER LUOGO

per dove? per quale luogo?

per, attraverso

Passò per le alpi

MATERIA

di che? di che cosa è  fatto?

di, in

C’erano colonne di marmo

COMPLEMENTO

RISPONDE ALLA DOMANDA:

PREPOSIZIONI O PAROLE LEGAME

ESEMPI

VANTAGGIO O SVANTAGGIO

a favore di chi? a danno di chi?

per

a vantaggio di, a danno di

La casa è stata costruita per te

La casa è stata costruita non per i ladri

TEMPO DETERMINATO

quando? In che tempo?

in, di, a, ecc.

Di giorno partirai

In autunno si preparano i campi

TEMPO CONTINUATO

per quanto tempo?

per

Combatterono per molte ore

LIMITAZIONE

in che cosa? in quanto a che cosa?

in, per, di, a, da

(in) quanto a, in fatto di, rispetto a

Aristide superava tutti per integrità

ARGOMENTO

su chi? su che cosa? intorno a chi (a che cosa)?

di, su

intorno a, a proposito di, riguardo a

Scrisse un libro sulla vecchiaia

 

AGENTE E CAUSA EFFICIENTE

da chi?

da che cosa?

da

Giulio è lodato dal padre

La terra è illuminata dal sole

FINE

a quale scopo? perché?

per, a, da, allo scopo di, al fine di, ecc.

E’ addestrato alla ricerca della droga

Risparmia per l’acquisto dei regali

PREDICATIVO  DEL SOGGETTO

Riferito al soggetto, è un aggettivo o un sostantivo completa il senso del predicato verbale

 

Socrate visse povero

Cicerone fu fatto console

PREDICATIVO DELL’OGGETTO

Riferito al complemento oggetto, è un aggettivo o un sostantivo che completa il senso del predicato verbale

 

L’oracolo giudicò Socrate sapientissimo

L’occasione fa l’uomo ladro

CONCESSIVO

Indica qualcuno o qualcosa, nonostante il quale avviene un fatto

nonostante, malgrado

Sono uscito nonostante il freddo

Malgrado le vostre proteste tornammo indietro

COMPLEMENTO

RISPONDE ALLA DOMANDA:

PREPOSIZIONI O PAROLE LEGAME

ESEMPI

ESCLUSIONE

Indica la persona o la cosa che viene esclusa

senza, eccetto, salvo, tranne

Tutti furono avvertiti tranne Luca

ETA’

Indica l’età di una persona, di un animale, di una cosa

di, a, su, all’età di

A dieci anni leggeva moltissimo

Era un giovane sui vent’anni

PARAGONE

E’ il secondo termine di paragone nei comparativi di maggioranza, di minoranza e di uguaglianza

(più...) di, (meno...) che, come, (tanto...) quanto

L’Africa è meno estesa dell’Asia

I tuoi occhi sono azzurri come il cielo

QUALITA’

Indica le qualità di persone, animali o cose

di, da, con

Era un uomo di grande ingegno

Avevo un cane dal pelo fulvo

QUANTITA’

Indica misure, distanze, estensioni, pesi, ecc.

a, per, di

Fui superato a cinquanta metri dall’arrivo

Luisa è alta un metro e mezzo

PARTITIVO

Rende il significato di alcuni, un po’ di, e dà quindi l’idea di indeterminazione

di

E’ venuto con degli amici

Alcuni di noi sono partiti