mercoledì 13 gennaio 2021

ITALIANO 3^ - Letteratura. Simbolismo e Decadentismo

 

Il Simbolismo (C. Baudelaire, A. Rimbaud, P. Verlaine, S. Mallarmé)

Il “Simbolismo” fu un movimento artistico-letterario francese, sviluppatosi fin dalla metà del secolo XIX, che anticipò il Decadentismo e che prese l’avvio da una raccolta di poesie di Charles Baudelaire (1821-1867), I fiori del male (1857).

I simbolisti francesi affermavano che è impossibile conoscere la realtà attraverso l’esperienza, la ragione, la scienza, e che l’unico modo per avvicinarsi alla verità, avvertita come mistero, è offerto dalla poesia e, più in generale, dall’arte, che non spiega ma intuisce quello che la ragione non può comprendere.

 

Il Decadentismo

Il termine Decadentismo deriva dal titolo di una rivista francese “Le décadent”, intorno alla quale si radunavano i nuovi letterati, che avvertivano la propria diversità rispetto ad una società tutta protesa verso interessi materiali e, per distinguersi da quella che essi chiamavano la volgarità e la rozzezza interiore dei contemporanei, si rinchiudevano in una orgogliosa solitudine.

I decadenti, quindi, fin dal primo momento, apparvero in contraddizione con il loro mondo. Questa contraddizione si manifestava anche nel loro modo di vivere: infatti per contestare la società borghese e capitalistica si abbandonavano a una vita sregolata, dandosi all’alcool, al fumo, alle droghe.

Questo modo di essere e di sentire cominciò a tradursi in varie opere letterarie, in cui si possono individuare alcuni tratti comuni:

  • l’irrazionalismo (sfiducia nella ragione)
  • la tendenza verso l’ignoto e il mistero
  • l’individualismo esasperato, che si risolve in atteggiamenti da superuomo o da esteta (colui che gode nella ricerca esasperata della Bellezza e dell’Arte e vuol fare della sua vita stessa un’opera d’arte): questi atteggiamenti dimostrano la volontà, da parte del poeta decadente, di distinguersi dal gregge, come egli chiama con disprezzo le altre persone
  • l’analisi dell’inconscio, cioè della vita profonda della coscienza che sfugge alla ragione
  • la poesia come intuizione della realtà misteriosa dell’universo
  • la ribellione, la fuga, la solitudine
  • l’uso di un linguaggio poetico fondato sulla metafora, sull’analogia, sulla musicalità.

 

In Francia troviamo lo scrittore Joris-Karl Huysmans (1848-1907): nel romanzo “Controcorrente” o “A ritroso” egli rappresenta un nobile decaduto (des Esseintes) che, per sfuggire alla meschinità e alla volgarità di una vita qualsiasi, si rifugia in un mondo raffinato e pieno di oggetti rari che suscitano le sensazioni più sottili e più strane.

In Inghilterra troviamo un personaggio simile, ma di gran lunga superiore, ne’ “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde (1854-1900): il romanzo racconta la storia di Dorian Gray, un giovane bello e invidiato, che conduce una vita raffinata e sregolata e che, mentre il suo ritratto invecchia, rimane sempre giovane nonostante il passare degli anni; alla fine, in un impeto di disperazione, Dorian squarcerà il proprio ritratto, divenuto repellente, provocando la propria morte.

 

Intanto, nella Milano degli anni ’60 e ’70 dell’Ottocento, si era sviluppato un movimento che preannunciava il Decadentismo: la Scapigliatura, termine con cui si designa un gruppo di poeti e artisti geniali e anticonformisti, animati da spirito di rivolta e di opposizione alle “buone regole” della società borghese, cui, peraltro, gli Scapigliati appartenevano. Ricordiamo: Emilio Praga (1869-1875), Igino Ugo Tarchetti (1939-1869), Arrigo Boito (1842-1918).

 

In Italia, campione del Decadentismo fu Gabriele D’Annunzio (1863-1938).

La sua vita intensa e ricca di avvenimenti clamorosi non impedì una altrettanto intensa e fervida attività letteraria, che trovò attuazione su tre versanti: quello della poesia, quello della prosa e quello del teatro.

La poesia dannunziana risente fortemente dell’influenza dei simbolisti francesi, anche se D’Annunzio non si limitò a un unico stile e a un solo “modo” di scrivere poesia. Ammirò e imitò la poesia italiana del Tre-Quattrocento, le suggestioni della poesia inglese da Shakespeare in poi e, attraverso sperimentazioni di tutti i tipi, giunse infine a trovare un linguaggio tutto nuovo, dove il sogno e la realtà si confondono e il poeta avverte, attraverso la malattia e l’isolamento, il senso del mistero, tipicamente decadente. Un’altra caratteristica della lirica dannunziana è quella del “panismo”, ovvero la capacità di abbandonarsi al ritmo della natura, per goderne le più intense suggestioni, entrando quasi a far parte di essa, sentendosi tutto nel tutto e uno in tutto. La sua poesia si distingue, infine, per l’estrema ricercatezza dello stile e della parole, scelta per il suono che riproduce e per la musica che riesce a creare. La più importante raccolta di poesie di D’Annunzio è costituita dai libri delle “Laudi” (Maia, Elettra, Alcione, cui si aggiunsero più tardi Merope e Asterope), in cui il poeta raccoglie i frutti migliori della sua capacità di fondere i temi e il linguaggio del patrimonio letterario italiano ed europeo. La sua produzione poetica comprende altre opere significative, tra cui “Canto novo”, “Intermezzo di rime”, “Il poema paradisiaco”.

Per quel che riguarda la prosa, D’Annunzio scrisse varie novelle ambientate in Abruzzo (la raccolta “Terra vergine” e “Novelle della Pescara” sono le più riuscite), che esprimono la violenza e l’animalità di un mondo primitivo, non illuminato da pietà né da sentimento religioso, popolato di contadine, pastori e pescatori. I personaggi sembrano trascinati da un destino crudele, in cui prevalgono l’omicidio, il suicidio, la malattia, nel vortice di una sconfitta che niente può riscattare. Il successo arrivò soprattutto nel campo del romanzo, dove volle cimentarsi concependo tre cicli:

  • Il ciclo “della Rosa” (Il Piacere, L’innocente, Il trionfo della morte), che doveva avere come tema la “voluttà” (il piacere);
  • Il ciclo “del Giglio” (Le vergini delle rocce) che doveva sviluppare il tema del superuomo, dell’esteta che conduce una vita eccezionale, caratterizzata del “bel gesto”, e si distingue dagli uomini comuni;
  • Il ciclo “del Melagrano” (Il fuoco), che doveva sviluppare il tema della Bellezza.

Ma i temi di un ciclo si possono trovare nei romanzi di altri cicli: esempio tipico è Il piacere, il cui protagonista, Andrea Sperelli, che vive una vita sensuale e raffinata (ben superiore sia a de Esseintes di Huysmans che a Dorian Gray di Wilde) è allo stesso tempo esempio del Superuomo e dell’esteta, e ha come motto “habere, non haberi” (avere, non essere posseduto). Voluttà, Superomismo e Bellezza sono i temi su cui D’Annunzio costantemente ritorna, aderendo ai motivi ispiratori del decadentismo.

A partire dal 1896 D’Annunzio sviluppò anche una intensa attività teatrale, sia come autore che, possiamo dire, “regista” delle proprie opere (ricordiamo che in quegli anni in Italia ancora non esisteva la “regia”, che cominciava a muovere i suoi primi passi allora in Germania e in Francia). Il teatro dannunziano fu concepito come “arte totale”, in cui l’unione tra testo recitato, musica, canto e danza avrebbe dovuto conquistare il pubblico. I suoi lavori ebbero come protagoniste le attrici di maggior successo di quel periodo (Eleonora Duse, Irma ed Emma Gramatica, Sarah Bernardt) e la sua attività teatrale non fu sempre contrassegnata dal successo. Grande trionfo ottenne con La figlia di Iorio, tragedia di ambiente abruzzese interpretato da Irma Gramatica. Altre opre sono: Sogno di un mattino di primavera, La città morta, Francesca da Rimini, La fiaccola sotto il moggio, La nave, Fedra.

Scrisse anche per il balletto (per lui danzò Isadora Duncan) Le martyre de Saint Sebastien e per il cinema Cabiria.